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LEMMARIO
A

A

Anelliera: strumento utilizzato per prendere l’esatta misura del dito necessaria nell’esecuzione dell’anello. 

Appoggia gomito: (posa gummi)

Archetto porta seghe e seghe: (portasega e séghi) utensile impiegato nella lavorazione del traforo, ogni orafo ne possedeva più di uno da utilizzare a seconda delle diverse necessità. 

Attrezzo per scampanare: (scampanadur) barre metalliche usate per pareggiare gli anelli con l’aiuto della spina tonda (mandrino) e del mazzuolo.  

Avvolgitrice e rocchetto con fili di ferro: macchinetta utilizzata per la lavorazione a canna vuota. 

 

B

Bacile: (capsula) attrezzo utilizzato nelle operazioni di recupero dell’oro.

Baghè: vassoi etto in legno usato per spostare oggetti non finiti da un luogo all’altro del laboratorio.

Banco: per orafi (al banc) e per orafo incassatore (al banc dl’incasadur e taburat) ha la parte anteriore sagomata e profilata con bordino arrotondato in legno per l’arresto degli attrezzi. Sotto lo stocco vi è il cassettino per gli attrezzi; il grande cassetto sottostante è foderato di lastra in zinco con angoli interni senza spigolo per facilitare il recupero dell’oro caduto durante la lavorazione.

oppure

sul lato lungo del banco si trova la rientranza semicircolare che corrisponde al posto dell’orafo detta a Valenza piazza. Al centro di questa è infilato nell’apposita cavità lo zoccolo detto stocco (al stoc) utilizzato per appoggiarvi l’oggetto durante la lavorazione. Sotto lo stocco è un cassettino senza maniglia. Più in basso vi è un cassetto largo quanto la piazza, tenuto sempre aperto, foderato da una lamiera in zinco: questo cassetto serve per raccogliere la limatura che cade durante la lavorazione del metallo e per tenere in un settore laterale gli utensili più utilizzati. Sul banco l’orafo appoggiava una lastra di zinco (tulatta) che proteggeva il legno durante le operazioni di saldatura. 

Banco per trafilare: (crava) attrezzatura utilizzata per l’operazione della trafilatura.

Bastoncini: (i stac) stecchi in legno di bosso ben lisci, le cui punte venivano adattate in varie forme. Cosparsi con paste erano usati a mano dalla pulitrice per entrare in piccoli spazi; si adoperavano anche ricoperti di panno o pelle di camoscio.

Becchi a gas: detti di tipo Bunsen, lo strumento sta in particolare sul banco dell’incastonatore ed è da questi usato per rammollire il mastice che fissa sui fusi l’oggetto da incastonare.

Bilancia: strumento primario per la misurazione dell’orafo. Esistono bilance per pesare metallo e oggetti terminati (pesi in grammi) e quelli per pesare le pietre preziose (pesi in carati). 

Bilanciere: serve per tranciare singoli pezzi uguali per la composizione dei gioielli.

Boccia: (bocia d’ fer) questo attrezzo ha lo scopo di fissare fusi  e morsetti con oggetti da incidere, sbalzare, cesellare. Esiste anche la boccia utilizzata per tenere fermo l’oggetto in fase di smaltatura.

Boccia e ferri per sbalzo e cesello: (bocia da sbalsà) 

Boracera: (burasera) oggetto in marmo; nella conca al centro si scioglie il borace usato dagli orafi con funzione di fondente e disossidante.

Bottoniera con imbottitori: (butunèra e imbutidur) l’attrezzo serve a ottenere disegni in rilievo o incavati battendo con il martello gli imbottitori su lastre metalliche inserite nelle conche.

Bulino: (chiamato anche ciappola) utensile utilizzato per incidere e tagliare il metallo e per questo è l’attrezzo base per le tecniche dell’incisione e dell’incastonatura delle gemme. I bulini sono numerosi e si distinguono per la lunghezza, lo spessore, la sezione, la forma della punta. In Valenza sono chiamati: l’ongella o unghietta ungiatta, fine, lunga, piccola, grossa; il bulino ½ tondo mes rutond, stretto, largo, medio; il bulino piatto fer piat, rigato, stretto, lungo, fine, a triangolo, sagomato; spingi punte spingi grane, carca baste. [varianti bulini sagomati, detti a baionetta, servono per l’incisione su metallo nei punti difficili da raggiungere per i bulini dritti]. 

 

C

Calamita: strumento usato per separare materiali ferrosi dalla segatura, dalle polveri e dalle ceneri nelle operazioni di recupero dell’oro.

Calco: si tratta dell’’impronta di un gioiello per trarre dalla forma ottenuta copie dell’oggetto originale. I calchi in gesso documentano materialmente i gioielli della produzione di una ditta orafa. 

Calcolatore: cfr. pianatore.

Calibro “moe” a compasso: (dusiè) strumento utilizzato per misurare lo spessore dei materiali.

Calo: dispersione della polvere d’oro durante la lavorazione.

Canna vuota: tecnica di lavorazione che a Valenza veniva svolta con passaggi obbligati: per prima cosa bisogna ottenere l’impronta concava data alla lastrina d’oro spingendola con martello e attrezzo cilindrico entro un solco in legno o in piombo, poi si prosegue con l’inserimento di un’anima in rame incrudito attorno alla quale la lastra è piegata fino a combaciare e infine si procede all’avvolgimento con l’apposita macchinetta (cfr. avvolgitrice) di un filo di ferro sottile attorno al tubicino d’oro con l’anima in rame, fino a coprirlo interamente. A questo punto è possibile conferire alla canna, ripetutamente ricotta, la forma voluta. Con il bagno in acido nitrico per sciogliere sia il filo di ferro sia il rame, la canna rimane perfettamente vuota e forgiata pronta per la rifinitura.

Cannello per fondita: (salümò) strumento utilizzato per fondere i metalli. 

Carbon fossile: (carbò d’lagngna) mattonella di carbon fossile che serviva come supporto per eseguire piccole e veloci saldature di parti metalliche.

Castone: Parte dell’anello, o di altro gioiello, ove è posta e fissata la gemma; può essere formato da una cavità coronato da un sottile bordino che si ripiega sul contorno della gemma o, nelle montature a giorno, da piccole griffe, che trattengono la gemma stessa in più punti.

Castoniera: (castunèra) parallelepipedo con fori conici a forte strombo bombato usati per arrotondare i castoni. La numerazione incisa corrisponde ai millimetri del diametro.

Ceppo con incudine: (inquissu, sappa, martè) attrezzo che con il martello è utilizzato per la battitura, procedimento con il quale si ottiene la modificazione dei metalli malleabili. Nei tempi odierni la battitura è stata sostituita dal laminatoio, tuttavia i lingotti e le verghe usciti dalla fusione ancora si assottigliano parzialmente al martello perché entrino meglio nel laminatoio o nella filiera.

Cerino prendi pietra: (sirì) serve a prendere le gemme e piazzarle sul punto dell’incastonatura grazie a una capocchia formata da cera vergine e polvere di carbone di legno dolce.

Cesello: la tecnica si applica per mezzo di martello e ferri non taglienti su lastra posta su un supporto portante di materiale cedevole. Il cesello permette le rifiniture sul recto e si può quindi effettuare anche su oggetti massicci.

Cesoie: (suri) sorta di forbici forti e pesanti per tagliare il metallo.

Coppetta: (pucì) piccola coppa entro la quale era posto un cotone imbevuto d’olio utilizzato per ungere leggermente la punta del trapano così da diminuire l’attrito del metallo.

Crogiolo: recipiente usato per fondere il metallo in genere di forma cilindrica o tronco-conica o di forma quadrata, fatto di materiale refrattario. 

D

Direzioli: morsetti per avvicinare l’oggetto al disco che lo lucida.

 

E

F

Feltri: (ruvì)strumenti usati nella fase di lucidatura. Devono essere usati con molta attenzione in quanto asportano il metallo.

Filiera: 1) macchina, detta anche trafila (crava), per eseguire la trafilatura di materiali metallici.  A una estremità del banco per trafilare sono posti due supporti in ferro nei quali si inserisce la filiera o trafilacon i fori conici di misura decrescente. Il filo che esce dalla filiera è tirato da una grossa pinza a morsa. Nelle fabbriche venivano collocate in apposite reggi filiere. 2) Filiere di “vidia”, particolare tipo di filiera composta da un tubo in ottone ritagliato e adattato che contiene cilindri in ottone nei quali è ricavata una cavità contenente un cilindro detto di “widiam” (dal tedesco “wie”, come, e da “diamant”, diamante) con un foro al centro. I fori conici di misura decrescente hanno lo stesso utilizzo delle filiere in acciaio.

Filtro: (filter) dispositivo in carta apposita che serve per separare l’acqua di lavaggio, che viene poi raccolta in bottiglia (gli imbuti), dal sottile materiale prezioso che aderendo al filtro di carta per deposito è facilmente recuperabile con la bruciatura del filtro stesso.

Fissa cerniere: attrezzo utilizzato per il taglio delle “cerniere” ovvero le parti di snodi di bracciali, collane, orecchini, chiusura delle spille ad ago, ecc.

Fornello ad alcool: (lumera a spiret) strumento utilizzato dall’orafo per saldare.

Fornetto: attrezzo utilizzato per la fusione. [varianti: fornetto con iniettore a cannello, fornetto elettrico, fornello a collo d’oca con staffa].

Fresa: (freisi) attrezzo che serve principalmente per allargare o modellare fori ma anche per raggiungere e lucidare cavità dove le lime non possono lavorare. Ne esistono di varie forme: a palla, a pigna, a disco, conica, cilindrica, a lampadina, ecc.

Fucina: (forgia) simile a quella del fabbro la fucina dell’orefice era usata soprattutto all’aperto a causa delle esalazioni di ossido di carbonio, per diverse operazioni in alternativa al forno a muro con cappa: in particolare per temperare e stemperare gli stampi e per fusioni necessarie al recupero dell’oro.

Fuso: è costituito da un pezzo di legno con, fissata a una estremità, una palla di mastice caldo su cui si inserisce l’oggetto. Una volta indurito il mastice l’oggetto può essere lavorato dall’incastonatore. [Fuso per anelli, fuso per spille, fuso per bracciali, fuso per collana].

Fustelle: queste frese sono utili in particolare all’incastonatore per lucidare i castoni all’esterno.

Fusione: [tecnica]l’orafo valenzano usava fondere sulla fucina portata all’aperto, o nel camino che, munito di cappa per il tiraggio , permetteva l’allontanamento dei pericolosi gas da fusione.

G

Gassogeno: (gasogeno) attrezzo che viene impiegato nei procedimenti di fusione.

Gesso: cfr. calco

Ghiglioscé: termine che deriva dal franceseguilloché (arabescato) usato per indicare il lavoro di incisione a linee molto fitte eseguite da un’apposita macchina. Le linee dritte, ondulate o inclinate nei vari sensi formano un disegno ornamentale ripetuto che spesso crea effetti di illusione ottica e appare cangiante o in rilievo. 

Gitto: questo termine, variante arcaica di “getto”, era ed è usata dagli orafi valenzani per indicare sia l’esecuzione di una colata di metallo nell’apposita forma, sia la forma che se ne ottiene

Globo: strumento che serviva per concentrare la luce proveniente da una candela o da una lampadina sul pezzo da lavorare illuminandolo più intensamente. 

Godronatura: nella tecnica particolare lavorazione di superfici (detta anche zigrinatura), a solchi e a rilievi, a quadratini e a piccole losanghe, che si pratica sul materiale metallico.

Griff: il termine  indica ciascuna delle punte metalliche che formano una corona con cui è tenuta legata una pietra preziosa in montature a giorno.
 

H

I

Imbuto: strumento che foderato con filtri in carta (filter) apposita serve per separare l’acqua di lavaggio, che viene poi raccolta in bottiglia, dal sottile materiale prezioso che aderendo al filtro di carta per deposito è facilmente recuperabile con la bruciatura del filtro.

Incastonatura: tecnica, detta in Valenza incassatura, che comprende le diverse operazioni per fissare una gemma su un gioiello.

Incisione: tecnica decorativa effettuata sul metallo con i bulini taglienti.

Incudine bicorna: attrezzo di modeste dimensioni sistemata sul banco serve per la lavorazione di pezzi minuti e per la rifinitura.
 

L

Laminatoio: dispositivo utilizzato per assottigliare il lingotto o la lastra d’oro e ottenere così una lamina sottile con spessori fino al decimillesimo di millimetro.[varianti: laminatoio per filo, laminatoio per godronatura, laminatoio su pedana].

Laminazione:  lavorazione per deformazione plastica effettuata in genere su materiali metallici, a caldo o a freddo, per produrre lamiere, nastri, barre, tubi. 

Lampade per saldare e cannuccia: (lumerae canatta)

Lapidatura: (lapidé) tecnica di rifinitura consistente nell’applicare al metallo il trattamento di spianatura e lucidatura in uso per le pietre. L’operazione di alta precisione riduce la scabrosità delle superfici metalliche a valori minimi dando come risultato un effetto specchiato al metallo. Per queste operazioni è utilizzata la macchina lapidatrice.

Lente: strumento che serviva per concentrare la luce proveniente da una candela o da una lampadina sul pezzo da lavorare illuminandolo più intensamente. 

Lima: (limma) attrezzo usato per la lavorazione a mano del metallo componendo due movimenti: uno di traslazione e uno di rotazione. A seconda della sezione possono essere piatte (piati), a mandorla con le due facce convesse (a mandula), mezze tonde con una faccia piatta e l’altra convessa (mesa rutonda), a coda di topo o conica (cuvva ‘d’rat), triangolare (triangulì), a schiena d’asino (schenna d’asu), piatti e a coulisse... Importante era un tempo la distinzione in base al taglio (grosso, bastardo o ruvido, mezzo dolce o mezzo fine, dolce e dolcissimo) a seconda del tipo di sporgenze taglienti incise sulle varie facce.

Lingottiera: (lingutèra) è chiamata anche doccia o gettaverghe ed è uno stampo per ottenere lingotti dal metallo prezioso fuso. 

Lume ad alcool o a petrolio: attrezzo usato per rammollire sostanze come la ceralacca o la pece.
 

M

Macchina Antonelli: macchina che può essere considerata un’anticipazione del metodo della pressofusione, che giunse a Valenza verso la fine degli anni ’40. La macchina adotta il principio di spingere con forza, entro una forma cava di gioiello, l’oro fuso, così che la pressione elimina vuoti e porosità nel metallo dell’oggetto gittato. 

Madrevite con maschio: attrezzo con fori filettati, ossia con scanalatura a spirale all’interno, che serve per incidere su elementi cilindrici di metallo il solco elicoidale , ottenendo una vite. I maschi servono per intagliare in una superficie interna una spirale che si accoppia con la vite corrispondente.

Marmo per borace: cfr. boracera

Martello: (al martè) 1) strumento utilizzato per la battitura con la quale si ottiene la modificazione dei metalli malleabili. 2) Martello per incastonatore è più piccolo e con manico più lungo e sottile di quello in uso agli orefici. E’ generalmente usato con il pianatore o calcolatore, per piegare le punte delle griffs o per addossarle alla gemma da incastonare [variante: Martelli da sbalzo].

Matassina di fili: (al fì) attrezzo utilizzato per la pulitura. I singoli capi, infilati nei lavori a traforo, riuscivano a pulire zone nascoste e irraggiungibile dalle spazzole.

Mattone refrattario: (al mórefratari) parallelepipedo usato come supporto per saldature e ricotture.

Mazzuolo: (masatta d’lagngna) grosso martello interamente in legno.

Mestolo: (casù) strumento utilizzato nelle operazioni di recupero dell’oro, soprattutto della limatura. 

Micrometro o calibro: (Palmer) strumento utilizzato per misurare con estrema precisione lo spessore di lamine o diametri di fili. 

Morsa da mensola: (al mors) la morsa da mensola trova principalmente impiego nella tecnica della trafilatura a mano per assottigliare i fili d’oro e per tirare l’oro in canna intorno all’anima di rame (lavorazione a canna vuota).

Morsetti  fuso: (mursat d’lagngna) attrezzi utilizzati per fissare oggetti massicci che resistono alla pressione senza deformarsi.

Morsetto porta équarissoir ed équarissoir: (porta calisuar e calisuar) attrezzo composto da un manico e un porta punte in cui si inserisce un alesatoio (équarissoir) per rettificare i fori nel metallo.

Mortaio: (murtè) strumento utilizzato in oreficeria nelle operazioni di recupero dell’oro per sminuzzare oggetti d’oro, crogioli usati, avanzi di colate, ceneri di fucina e residui delle acque filtrate.

N

O

Occhiali “da riporto”: occhiale con lenti di ingrandimento inserito su occhiale normale per facilitare il lavoro all’orafo incastonatore.

Osso di seppia: conchiglia dei molluschi cefalopodi costituita da sostanza calcarea a struttura schiumosa leggera che riceve facilmente impronte piuttosto precise mediante pressione e per questo era impiegato per gittare gioielli massicci. 

P

Padella: (padèla ad ram o d’fer) attrezzo usato principalmente per le operazioni di recupero dell’oro. 

Paglioni: (pajò) 1) pezzetti di lega saldanti. 2) piccole decorazioni in oro che si possono inserire sotto uno strato di smalto traslucido per ravvivare una superficie uniforme. 

Pallettatori (e tassetti per pallettatori): (peruale tasat di perual) l’attrezzo serve per formare le palline o perle intorno alle gemme lisciando e lucidando con movimento rotatorio gli “artigli” sollevati dal bulino nel metallo per fermare pietre.

Parrucca: (prucca) strumento composto da sottili fili di ferro sui quali si appoggia l’oggetto da saldare. L’insieme dei fili consente al calore della fiamma di circolare e riscaldare meglio ogni punto del metallo facilitando la riuscita della saldatura.

Paste: miscele solide, dette anche pane, vengono avvicinate alla spazzola rotante a cui si attaccano per strofinio o per riscaldamento della parte grassa; in questo modo contribuiscono  alla pulitura o alla lucidatura dell’oggetto. 

Pennello e scodella: (al pnel d’ansavunàe la scudela) usati nelle fasi di pulitura. Gli oggetti vengono insaponati (con sapone neutro) con il pennello per poi essere immersi nella scodella in acqua insaponata e successivamente in alcol prima di essere asciugati nella segatura.

Pennelli per borace: (pnelì) strumenti utilizzati per raccogliere il borace dalla boracera e i paglioni dai contenitori e porli sulla saldatura.

Pianatore: detto anche calcolatore, ferro da cesello con punta non tagliente.

Piattino per gemme: (scudlì) ciotole piatte usate dagli incastonatori per contenere le gemme scelte da incastonare.

Pietra a olio: (prej-a da oli) materiale utilizzato per affilare e levigare punte, aghi e bulini. La pietra, di nome arkansas, era cosparsa di olio minerale o di glicerina.

Pietra da spianare: (prej-a da spianà) pani da usare con funzione abrasiva composti dal minerale smeriglio.

Pietra di carborundum: si adopera nella finitura dell’oggetto smaltato per levigare e appianare la superficie dopo la seconda cottura.

Pinza da fuoco: (pinsi o tnàji da fòg) cfr. tenaglia

Pinza: (brusceli) usata dalla pulitrice per estrarre gli oggetti immersi nei liquidi.

Piombo per imbottire: (al piomb) è utilizzato come appoggio per le lastre metalliche da sagomare con imbottitori per mezzo della martellatura. 

Porta paglioni: (paiunera) contenitore metallico per i pezzetti di lega saldante.

Proteggi dito: (dì d’ pel) ditali di pelle che ogni pulitrice si procurava per proteggere le proprie dita nell’avvicinare gli oggetti alle spazzole rotanti.

Pulitura: procedimento svolto con l’uso di spazzole circolari che servono per passare le varie paste (dette anche pane) al fine di pulire e lucidare gli oggetti terminati. Vengono impiegate anche matassine di fili sciolti in cui i singoli capi, infilati nei lavori a traforo, riuscivano a pulire zone nascoste e irraggiungibilI dalle spazzole.

Punzoni: attrezzi che recano incisa in negativo all’estremità tronco-piramidale una sigla, lettere o  numeri che, battuti con il martello sulla superficie, servono a contrassegnarla.

Q

R

Raschini: erano anche detti bulini-grattoirs sono impiegati nella finitura del cesello, per “sbavare” e livellare, hanno forme affusolate, dritte, curve e di vario formato.

Reggi filiere: rastrelliera in legno, generalmente appesa nel laboratorio orafo, con tagli obliqui per reggere le filiere (o trafile).

Rullo: attrezzo per levigare i dischi che effettuano la lapidatura.

S

Sagoma: modelli di rame od ottone per piccole parti da usare nella composizioni di gioielli.

Sbalzo: la tecnica si applica per mezzo di martello e ferri non taglienti su lastra posta su un supporto portante del materiale cedevole. Lo sbalzo modella il rilievo dal verso della lastra.

Scagliola: gesso da presa molto duro, costituito da gesso cotto e da gesso cristallizzato impastati con soluzioni di colla usato per modelli.

Scatola con segatura: (resieira) utilizzate dalla pulitrice per asciugare i gioielli lucidati e messi a bagno nell’alcool.

Scatola dell’orafo: (scatula ‘d tola) contenitori in metallo povero usati dall’orafo per riporvi minuterie, piccoli attrezzi o per chiudervi durante le pause l’oggetto in lavorazione.

Seghetto: piccolo utensile impiegato per segare, formato da una corta lama di sega e da un telaio metallico che porta il manico.

Setaccio: (siàss) l’oggetto era utilizzato nelle operazioni di recupero dell’oro per separare attraverso la setacciatura, i materiali più grossi e leggeri dai più piccoli e pesanti. 

Setaccio per gemme: (siasì dal preji) serve per dividere i grossi lotti di gemme, secondo la loro grandezza.

Sgabello: (taburat)

Smalto: lo smalto a pezzi viene pestato in mortai in porcellana. La polvere che si ricava viene passata al setaccio dotato di retina finissima per ottenere una polvere fine e senza grumi. Lo smalto viene steso con appositi pennellini molto sottili. Gli oggetti una volta smaltati si mettono nel forno per la cottura sui supporti a “U” e sulle placche piatte che presentano angoli piegati a rialzare il piano permettendo la presa con l’apposta pinza. 

Smeriglio: strumento variamente usato in oreficeria come abrasivo ed è disponibile in diversi gradi di ruvidità. 

Soffietto a pedale: strumento dal cui fianco esce un pedale che pigiato aziona un mantice in cuoio posto all’interno e spinge l’aria in un tubo flessibile; questo porta il soffio dove è necessario ravvivare e rafforzare la fiamma (alla fucina, al fornello, al cannello del gas). 

Sostegno per collana: (al col) forma cilindrica con sagomatura antropomorfa nella parte superiore che funge da modello di collo su cui appoggiare collane, giro collo e colliers per dare loro la giusta inclinazione.

Spazzola circolare: 1) strumento utilizzato nella fase di pulitura. Le setole della spazzola possono variare in morbidezza e rigidità. La spazzola serve per passare le varie paste al fine di pulire e lucidare gli oggetti terminati. 2) Spazzola metallica circolare composta da fili in ottone, serve a ottenere una finitura non lucida. 3) Spazzola circolare (pluciö) composta da una pila di dischi di stoffa oppure formata da fili sfrangiati che rivestono il cilindro. Servono per pulire e lucidare oggetti a superficie piana.

Spazzola con impugnatura: 1) strumento che aiuta l’orafo contro la dispersione della polvere d’oro, serve per spazzolare le mani e le maniche del camice a intervalli ricorrenti. 2) spazzola morbida per togliere i residui dopo il bagno di segatura.

Spazzole rigide: (spasatta) strumento utilizzato principalmente per pulire il banco ma anche la blusdell’orafo per non trasportare e disperdere le particelle d’oro che possono essere rimaste attaccate.

Spazzole a spina: (mandrì o tübülar) a seconda della tipologia di setole servono per ottenere finiture lucide o non lucide.

Spazzolini e spina: attrezzi usati nelle fasi di pulitura. Vengono impiegati per la pulitura di cavità e trafori.

Spina: (mandrì d’fer otribolé)  sbarre coniche che fanno da sostegno agli anelli durante la lavorazione, in particolare con il martello. Esistono anche le spine per bracciali di forma di tronco di cono che fanno da sostegno ai bracciali.

Spina graduata per anelli: (füsonandì dagl’amsuri) bastoni in legno con corpo conico graduato da 1 a 33 che serve per prendere la misura interna degli anelli. E’ spesso accompagnato dall’anelliera (cfr.)

Staffa: (stafa a lastra o a fil) è un arnese entro cui si versa il metallo fuso per ottenere lastre e fili. 

Stampo: attrezzo composto generalmente di due parti dette maschio e femmina che portano l’impronta rispettivamente in positivo e in negativo.

Stecca di borace: (stecca d’buras) materiale che viene strofinato nella boracera e si scioglie in presenza di acqua. Questi strumenti vengono usati dagli orafi con funzione di fondente e disossidante.

T

Taglietto: attrezzo utilizzato per tagliare lastre d’oro di notevole spessore e piccole verghe. 

Tassetto: (tasat) sorta di incudine usata quando necessita un piano rigido come appoggio. Serve per spianare piccole lastre martellando ma anche per tagliare usando lo scalpello. 

Tegamini: (ramì) recipienti utilizzati per scaldare e bollire gli oggetti a bagno in bicarbonato, acido o trielina per liberarli dalle impurità della fusione e della saldatura e dal mastice dell’incastonatura. Tale operazione è detta imbianchimento (fa bianc).

Tenagliolo: (tnaì) attrezzo che ha diverse forme adatte ai differenti usi a cui gli orafi li destinano. [Tenaglia a morso, tenaglia con “collare” o “braga” (tnaì culà)]

Trafila: matrice forata attraverso la quale si fa passare, forzandola, la barra in oro da restringere nell’operazione di trafilatura.

Trafilare: ridurre in fili un materiale facendolo passare per la trafila.

Traforo: il procedimento con il quale si intaglia una lamina di metallo secondo un disegno prestabilito e il risultato di tale procedimento.

Trancia: 1)macchina utilizzata per tranciare singoli pezzi uguali per la composizione di gioielli, ritagliandoli a ogni colpo da una lastra d’oro preparata e posta tra la fustella e la corrispondente parte traforata. 2)Parti per tranciare composte da cilindro con punta sagomata in rilievo (maschio) e lastra ritagliata a strombo con lo stesso profilo (femmina).

Trapano a mano: è uno degli strumenti più antichi utilizzato dall’orafo in molte operazioni: per forare, per alesare, per fresare, nella lavorazione del traforo. Quello in uso all’incassatore si differenzia solo lievemente, da quello dell’orafo, perché presenta una rotella (palla) più pesante.

Trapano ad arco: (detto anche frusta) ad andamento orizzontale, usato fino a inizio XX secolo, poi sostituito dal trapano a vela (o a palla) con asse verticale.

 

U

V

Z

Zampino di lepre: (piutì) è la zampa posteriore della lepre ed è usata dall’orafo come spazzola. Il pelo serrato e solido permette di raccogliere anche la limatura più sottile. 

Zigrinatura: cfr. godronatura.

Il lemmario dei termini tecnici dell’oreficeria valenzana è a cura di Francesca Rusconi ed è basato sulle schede del volume “Oro e lavoro : cento anni di oreficeria in Valenza: 1840-1940” a cura di Maria Grazia Molina e Maria Carla Manenti.

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